Viaggio nelle profondità del Romagna Sangiovese
di Elisa Raggini
Il volo libero del “Falco” è planato il 26 novembre scorso nell’aula Wine tasting della sede Ais a Cesena. I numerosi fortunati soci Ais presenti e io tra essi, hanno potuto degustare, accompagnati dal racconto appassionato di Francesco Falcone, un approfondimento delle 16 sottozone del Romagna Sangiovese, attraverso 20 vini che egli stesso ha personalmente selezionato, dell’annata 2020 che risulta essere l’ultima più felice, in ordine cronologico.
Fu per primo Roberto Bolognesi nel 1982 a parlare di sottozone in terra di Romagna, esplicando il suo modo di sentire ne “I vini del sole” e, a distanza di 40 anni, la sua felice intuizione ha preso vita nel segno del marchio “Rocche di Romagna”, un marchio collettivo ambasciatore di un nuovo interesse che riunisce tutte le “Sottozone” della Denominazione Romagna Sangiovese.
Il viaggio ha il suo incipit dalla sottozona Mercato Saraceno caratterizzata da terreni privi di calcare ma alluvionali ricchi di ghiaia a trama grossolana e un clima freddo, elementi questi che regalano una buona freschezza e tannini mai aggressivi, grazia, leggerezza e vini più sgranati non particolarmente adatti a lunghi invecchiamenti. In degustazione un Romagna Doc Sangiovese Superiore Vigna Palazzina 2020 di Tenuta Casali, fresco, aggraziato, fine e scorrevole con i suoi tannini mai aggressivi.
A Cesena, in Romagna la regina delle produzioni di ortofrutta ma che ha recuperato credibilità enologica solo negli ultimi 10 anni, i terreni cambiano e diventano sedimentari, composti da arenaria e argilla calcarea. Le sue primissime colline a ridosso della città, quali Carpineta, esposta alle influenze del mare e poi più su Sorrivoli, Roncofreddo e Saiano, vantano il primato di essere geograficamente “l’ombelico del Sangiovese romagnolo”. Lo dimostra un Romagna Sangiovese Superiore Casata Pasquinon che, inizialmente prevedibile in bocca, si rivela poi fine, con una nota salmastra, mediterranea, a dire il vero più simile ad un Nero d’Avola di Pachino che ad un Sangiovese della zona.
Più a occidente troviamo Longiano e il suo registro intermedio tra Val Marecchia e cesenate, che regala una parte se vogliamo più selvatica e nervosa, grazie all’argilla unita ad una parte tipicamente marina. Il Romagna Doc Sangiovese Superiore Primo Segno 2020 di Villa Venti è un grande vino, che esulta di energia scalpitante, succo, ritmo acclamanti a viva voce la tavola, con una parte mediterranea -il suo finale sapido – unita ad una tannicità fine, quasi nordica.
I vini degustati fin qui si fanno apprezzare per leggiadria e respiro marino.
Spostandoci a sud-est, nel riminese, incontriamo le sottozone San Clemente, Coriano e Verucchio. Un terreno ricco di argilla e la presenza ingombrante del mare sulla scena non sono i presupposti per ottenere vini rossi degni di grande nota da queste parti, dove le uve si devono raccogliere a maturazione fenolica non completa, facendo perdere ai vini che se ne ricavano le componenti di finezza. Ecco che il Sangiovese di Rimini, in questa libera equazione, sta al Pinot noir della Côte Châlonnaise.
A San Clemente il Rubicone Igp Sangiovese Guiry di Tenuta Mara è un vino affusolato che regala più calore che energia, qualche accenno di sale, ma una certa armonia complessiva.
Se ci allontaniamo dal mare e saliamo verso Verucchio, controllati a vista dalla rocca di Torriana e dal Campanile di Saiano, i vini diventano più ruspanti su quei gessi delle solfatare che nulla hanno a che vedere con il gesso su cui imperano i vitigni in Champagne: il Rubicone Igp Sangiovese Frusaglia Delleselve diventa un vino montano, saggio e quindi credibile. Spostandoci a Coriano ci inoltriamo nella zona in assoluto meno vocata per il Sangiovese, con l’argilla pura che dà vini muscolari e di calore, con tannini crudi difficili da governare in maniera proporzionata, come ben ci ricorda il Romagna Dop Sangiovese Superiore Riserva Batèst di Valle delle Lepri.
Queste sono zone dove Pagadebit e Rebola regalano le loro espressioni migliori, ma questa è un’altra storia.
Lasciata alle spalle la parte di sottozone romagnole caratterizzata da vini più “meridionali” che nordici, ci addentriamo nel salotto del Sangiovese, il territorio dove si sente più a suo agio, ricco di argilla frammista a calcare marittimo (il famoso spungone) e che lo trasforma in un vino masticabile quasi, grosso, di struttura: qui la sapidità, di pari passo con la qualità, si innalzano. La testiamo con ben due esempi, il Romagna Doc Sangiovese Superiore Il Colombarone di Tenuta La Viola che, guardando Capocolle, gode di maggiore esposizione verso mare che gli dona calore e ritmo e con Romagna Doc Sangiovese Superiore Fermavento di Giovanna Madonia che, dalle pendici del Monte Maggio rivolto verso Casticciano, fa sì che il vino ottenuto sia anodino, con un finale più vivo e spinto. Il bello di questo vino di bocca e struttura, sta racchiuso nel tannino che esprime tutto il suo essere romagnolo di Bertinoro, magari in scena a tavola dove diventa il protagonista gourmet.
Da Bertinoro facciamo un salto, per ritornare alle sottozone limitrofe più tardi, e arriviamo prima alla sottozona Oriolo, anche questa una zona di frutta ma, a differenza del cesenate, il frutto è ben presente anche nei vini. Tuttavia, il Romagna Doc Sangiovese Superiore Biagio Antico di Ancarani ci dimostra che qui, lontani dal mare, il Sangiovese assume un cipiglio più severo, il tannino tende a prendere il sopravvento, tanto che addirittura anche il frutto stavolta va in oblìo. Parimenti a Serra si perde ogni traccia del mare, non è più visibile da nessuna altura pur tra quelle più elevate qui presenti. Il clima diventa continentale e la venatura ferrosa nei terreni non può che far innalzare il tono dei tannini. Il Romagna Doc Sangiovese Assiolo di Costa Archi sembra inizialmente algido, ma è un lavoro sottotraccia il suo, poiché svela temperamento ed energia se lo si sa attendere. Difetta di densità, polpa e volume, totalmente impettito nella sua verticalità, perentorietà e severità.
Sette comuni fino a Ozzano possono fregiarsi della sottozona Imola, territorio principalmente vocato all’Albana e il Sangiovese è consapevole di essere qui ormai uscito dalla sua comfort zone. Il Rubicone Igp sangiovese Giogiò di Giovannini è un vino metallico e scuro, che nulla concede al frutto e sembra di non essere in Romagna…
Un balzo ci riporta indietro, a Marzeno, una sottozona caratterizzata da crinali morbidi come il temperamento dei suoi sangiovese, che brillano però di maggiore luce e sostanza regalando una bella freschezza finale come ben ci dimostra il Romagna Doc Sangiovese Superiore Limbecca di Paolo Francesconi, morbidezza che avvolge come un guanto anche i tannini del Romagna Doc Sangiovese Cadisopra di Ca’ di Sopra, con i suoi forti sentori di terriccio di sottobosco, funghi, caffè e tabacco.
Se ci addentriamo a Castrocaro apprezziamo quanto i terreni ocra, le sabbie, le argille azzurre e l’affioramento del già noto spungone regalino vini quasi masticabili, saporiti e con tannini buoni che “nebioleggiano”. I vini mettono su le spalle e una bella ossatura di fondo, ci dimostra il Romagna Doc Sangiovese crete Azzurre di Marta Valpiani.
Proprio qui accanto la sottozona Brisighella è anche una terra di ulivi, che la prediligono fra tutte le possibili zone a questa latitudine poiché sono terre termali e calde. E anche i vini ne giovano, guadagnando un grande temperamento. Come il Vino rosso Campaglione di Vigne di San Lorenzo, un vino carnoso che emana sentori animali, di fegato e calore o come il Ravenna Igp Sangiovese Poggio Tura di Vigne dei Boschi, nel cru Valpiana. Qui siamo alti in quota e marna unita ad arenaria, con predominanza di argilla, donano un bel vino che ci sorprende anche con l’agrume.
Nella sottozona Modigliana, dove Giorgio Melandri, produttore e comunicatore, ha diffuso l’idea di “comunità” fra i produttori di vino, la zona pedemontana è uno dei fattori che rendono i vini completamente estranei sia da quelli prodotti in pianura padana che da quelli prodotti in zone che guardano il mare, come ci ricorda il Romagna Doc Sangiovese La Roncia de Il Teatro.
Ed è così che si arriva alla sottozona di Predappio con ben tre espressioni in degustazione.
Il Romagna Doc Sangiovese Superiore Pertinello di Tenuta Pertinello, coltivato su terreni formati da sabbie pure ed esposti a sud, esprime la parte più affusolata del calore assorbito e in bocca fa sentire sale, ritmo e tannino che asciuga quanto basta. Il vino non si spegne ma lo percepiamo come più chiaro, mentre il naso rimane leggermente ermetico.
Di tutto altro avviso il Romagna Doc Sangiovese Cesco 1938 di Piccolo Brunelli, prodotto da un terreno completamente rivolto a nord: un vino duro, dritto, nervoso, severo e scuro.
La Valle del Rabbi, infine, ci delizia con un Romagna Doc Sangiovese Godenza di Noelia Ricci, un vino bellissimo, dalla trama lunghissima e tessuta di intrecci. Pare rimanere in uno spazio limbico e poi ecco che sorprende, affondando e allungando, creando un delta aromatico che scorre in mille rivoli.
Un ultimo vino degustato, un vino misterioso, rivelato solo al termine della degustazione. Si tratta di un Calbanesco de Le Calbane, un Montepulciano del 1995 che dopo 27 anni ha ormai terminato il suo viaggio con grande dignità. Proviene dalla zona di produzione Meldola, sottozona che per quanto riguarda il Sangiovese non ha produttori che ne hanno rivendicato la MGA.
Al termine di questa che ritengo essere una giornata campale e fondamentale nel bagaglio di conoscenze di ogni sommelier, in particolar modo se di provenienza di Romagna, mi sento di poter affermare che questo è solo l’inizio non il traguardo di un lungo percorso di affinamento delle mie conoscenze in materia, proprio come le “Rocche di Romagna” e le MGA riconosciute devono rappresentare per il Sangiovese di Romagna solo l’inizio di un brillante percorso verso nuovi traguardi di eccellenza, diffusione della propria identità complessa anche oltre confine, oltre i precostituiti confini, come il volo alto di un falco.