Una montagna nel bicchiere
di Tamara Pignato
“Sono nato in città, Milano, sono di origine emiliana, bassa emiliana, sono anche di origine mantovana, bassa anche quella.”
Così Massimo, con un curriculum di cui si possono contare decine di pagine illustri nel settore del vino e della sua narrazione, fa di cognome Zanichelli, che già di per sé è una premessa concreta delle 4 dita di spessore del suo primo dei quattro volumi promessi: “La Montagna“.
Il nostro ospite Wine writer e degustatore inizia raccontando il suo Viaggio: la Valle d’Aosta.
Visitata più per turismo e sport, questa prima montagna svela vitigni esclusivi, come il Prié blanc, e spesso con origini pre-fillossera, pergole per reggere le vigne, di una particolarità rara, quasi come a parlar lo stesso linguaggio di quel franco-provenzale che qui echeggia con indipendentismo ad ogni valle. Morgex, Arvier, Torrette, Donnas.
Poi un tuffo in Valtellina, con uno slalom fra le 5 chicche rocciose che si estendono dalla Sassella, al Grumello, scendendo poi fra i gironi dei filari più caldi dell’Inferno, fino a giungere alla Valgella. Chiude poi un outsider, un vicino di casa non riconosciuto, ma sicuramente riconoscibile: il Tiranese.
Voltando lo sguardo più a est, si possono ammirare le montagne della Val di Non, che tra un raccolto di mele e bacini d’acqua, si divincola l’uva groppello e il sistema montano della Val di Cembra, con il re della valle: il Müller Thurgau.
Tra vitigni e Pinot nero di razza, si sale ad assaporare il bouquet dei territori dell’Alto Adige. È così, con il naso all’insù, abbiamo ammirato rigogliose e rapide montagne, spesso coltivate grazie a una mano d’uomo eroica, coltivata con tenacia e arrampicata sulle sue robuste gambe pergolate, issate con sudore, sapienza e soddisfazione.
Abbiamo infine planato su ‘a muntagna’, detta anche Etna, con i suoi pendii e i suoi pistacchi, perché si, fra i vitigni e il vulcano, si strizza l’occhio a Bronte e ai suoi preziosi smeraldi.
Salterellando fra terrazzamenti, alta quota, vigne strappate alla montagna su rapidi pendii, contenuta da muretti a secco sapientemente posti l’uno accanto all’altro, come a contenere l’intera storia di quelle mani segnate dal lavoro di chi ama quella terra e di cui, quella terra, ha salutato per l’ultima volta.
Siamo sommelier, arriva la degustazione di quei vini pensati e proposti da questo Massimo, di cognome Zanichelli, dal curriculum dalle lunghe pagine, che pensava semplicemente di scrivere “La Montagna” e invece ci ha saputo prendere per mano, e avvicinando il naso al calice, fra un racconto di protagonisti, aneddoti di amici e dettagli di gusto, con un semplice sorso ci ha fatto ritrovare La Montagna nel bicchiere.