Tra i muretti dell’Inferno:
una passeggiata in Valtellina
di Rachele Bellinazzi
La Valtellina, una vallata che sa di mediterraneo, che si estende da ovest verso est, una valle antica nata milioni di anni fa quando la placca africana e quella europea si sono scontrate. Questo fenomeno ha generato i rilievi che oggi vanno a definire le tipiche 5 sottozone della Valtellina, a loro volta costituite da terreni di natura scistosa e morenica. Da questo incontro nacquero le Alpi Orobiche e Retiche, che ancora oggi proteggono e preservano la vallata dalle forti e gelide perturbazioni montane.
Qui la viticoltura è eroica, le vigne si aggrappano alle ripide montagne, corrono sui caratteristici muretti a secco. Muretti che mitigano le vigne dalle importanti escursioni termiche, aiutando a consolidare il corredo aromatico del Nebbiolo. Le radici si immergono nel terreno ad una profondità che va dai 40 ai 60 cm, al confine nascosto tra terra e roccia, dove traggono nutrimento e conferiscono sapidità alle uve. Le produzioni per ceppo non sono troppo generose, poiché le profondità delle radici sono ridotte; questa peculiarità conferisce una maggiore qualità e finezza ai grappoli di Chiavennasca.
Le forti escursioni termiche tra il giorno e la notte, tipiche degli autunni secchi e soleggiati, permettono di avere grappoli più sani e vini più aromatici. I terreni sono leggeri, poco profondi, sciolti, mai umidi e soprattutto con produzioni per ettaro contenute. L’età media dei vigneti supera i sessant’anni, indice di una garanzia di qualità. Sono Vigneti unici, che necessitano di grande cura e attenzione e una lavorazione che viene fatta esclusivamente a mano. Una viticoltura di montagna che richiede circa 1.200 ore di lavoro all’anno per ettaro – quattro volte il tempo impiegato nelle viticolture di collina – e una vendemmia che talvolta viene effettuata con l’aiuto dell’elicottero per trasportare l’uva raccolta dai terrazzamenti a valle.
È qui in questa valle cosi unica, ricca di storia, di cultura e biodiversità che Aldo Rainoldi e la sua famiglia dal 1925 raccontano queste tradizioni, questo territorio straordinario, un po’ nascosto e schivo, ma che una volta scoperto si lascia raccontare e non si può che rimanerne affascinati. Storica cantina della Valtellina, quella di Aldo Rainoldi è una delle più affidabili realtà vitivinicole della zona, per la capacità di esprimere, vendemmia dopo vendemmia, stagione dopo stagione, vini di grande personalità.
Il mio viaggio inizia tanti anni fa quando, ancora da aspirante sommelier, assaggiai la riserva Inferno 2016 della Cantina Rainoldi. Quel sorso mi ha emozionato, è stato l’assaggio che ha acceso la mia passione per l’enologia e la curiosità di esplorare sempre di più questo mondo e questi luoghi. Da allora sono stata una grande fan dei loro vini e del loro territorio, non potevo quindi non accettare l’invito della Cantina Rainoldi alla verticale d’Inferno proposta lo scorso autunno.
Dopo aver costeggiato il Lago d’Iseo e una volta scesa dai boschi con gli ultimi colori autunnali, la Valtellina e il fiume Adda si rivelano con la loro eleganza e spontaneità. Il mio percorso inizia da Est, passando dalle diverse sottozone fino ad arrivare a quella più calda, l’Inferno.
La sottozona dell’Inferno si estende per circa 60 ettari e rappresenta una delle aree paesaggisticamente più suggestive oltre che di grande interesse e notorietà. È caratterizzato da un ridotto dislivello altimetrico (350 – 550 m s.l.m.) e da una successione delle diverse aree non più dal basso verso l’alto come nel caso di Sassella e Grumello bensì da ovest verso est. Ne è riprova il fatto che pur essendo un’area di ridotta estensione abbraccia ben tre comuni: porzione di Montagna in Valtellina (località Runsc), Poggiridenti e Tresivio. I suoi vini sono notoriamente di rilevante potenza tannica, austeri oltre che di apprezzabile sapidità. I vigneti si trovano all’interno dei tre comuni menzionati, ovvero nelle aree denominate Runsc, circuito dell’Inferno, Guast e Calvario. I terreni dell’Inferno sono di origine sabbioso limosa, si tratta di terreni con regimi di alte acidità, ciò conferisce longevità e quindi possibilità di lunghi invecchiamenti preservando profumi ed aromi.
A dirigere la verticale è Aldo Rainoldi, che con gli insegnamenti del nonno fondatore e del babbo, porta avanti la tradizione, integrandola con l’innovazione, sempre nell’assoluto rispetto e nell’ascolto del suo territorio. Ad incorniciare il tutto la passione per il proprio lavoro e la voglia di raccontare luoghi spettacolari, caratterizzati dai vigneti terrazzati che obbligano l’uomo a confrontarsi con la natura, ma che sanno ripagare con vini unici. Vigneti e valori che confermano negli anni le espressioni uniche della Chiavennasca e di come questo meraviglioso vitigno sappia evolversi ed emozionare ad ogni sorso.
• Inferno Riserva 2018 | Valtellina superiore DOCG | 100% Chiavennasca
Le uve provengono da diverse parcelle e vengono vinificate separatamente. In base alla parcella di provenienza vengono effettuate 4 tipi di vinificazioni, che vanno dai tre, otto, cinque e undici giorni. Un dettaglio significativo che esprime l’attenzione per il proprio territorio e la volontà di esprimerlo e raccontarlo al meglio. Successivamente effettua passaggi in piccoli fusti di rovere per circa 18 mesi. Assemblaggio pre-imbottigliamento avviene in vasche di acciaio per 2 mesi. Si prosegue poi con un affinamento in bottiglia in cantine buie e fresche per un anno prima della commercializzazione. Un vino in crescita, ma che già si fa riconoscere con la sua discreta eleganza e la gentile austerità, la sua persistenza è in evoluzione. Nel bicchiere un rosso rubino luminoso, invitante, consistente. Al naso frutta rossa fresca, non ancora matura, tocchi di timo, spezie e tabacco. In bocca si ritrova la consistenza, la profondità, i tannini ancora ruvidi si armonizzano con la struttura decisa. Avvolgente e diretto, è un vino che si presta alla longevità, un vino da scoprire, da riassaggiare.
• Inferno 2009 | Valtellina Superiore DOCG | 100% Chiavennasca
Un’annata caratterizzata da un inverno nevoso seguito da una primavera di pioggia e da un’estate calda leggermente anticipata. Il colore rosso granato intenso colpisce con la sua limpidezza e rivela al calice la sua bella consistenza. Al naso è fine e complesso, piacevole il profumo della fragola in confettura, con note di eucalipto, anice, tocchi di cuoio, tabacco dolce, liquirizia rossa e una nota di grafite. In bocca, un tannino presente ma non aggressivo ne definisce la trama austera, una beva decisa di buon equilibrio, un tocco di acidità offre un finale fresco e struttura masticabile.
• Inferno 1999 | Valtellina Superiore DOCG | 100% Chiavennasca
Annata abbastanza buona, un po’ ritardata, tuttavia l’ottimo clima in fase di appassimento, freddo e secco è stato determinante. Un vino di grande fascino ed eleganza, il suo colore è quello seducente del Nebbiolo, granato, luminoso, trasparente, con riflessi mattonati. Al naso profuma di rose e agrumi, gelso, ciliegia, sottobosco, cuoio, fichi essiccati, timo, tocchi di liquirizia e note dolci che ricordano il miele. L’assaggio è emozionante, straordinaria la freschezza che accompagna un tannino totalmente integrato, setoso, con seducenti rintocchi minerali, sorprendente è la corrispondenza armoniosa tra naso e bocca. Le sensazioni non finiscono più, è tutta eleganza, purezza espressiva, davvero irresistibile.
• Inferno 1989 | Valtellina Superiore DOCG | 100% Chiavennasca
Ascoltando le testimonianze e i ricordi della famiglia Rainoldi, si racconta di una vendemmia eccezionale. Poca pioggia, escursioni termiche bilanciate per maturazione del vino, ottima fase di appassimento, con clima freddo e secco. Il risultato ancora oggi è un vino dal colore granato chiaro, limpido con intensi riflessi mattonati. Al naso i profumi già evoluti con note di amarena sotto spirito, liquirizia e cuoio, fiori secchi in pot-pourri, visciole sotto spirito, tamarindo e spezie orientali. Al palato è fine, persistente ed armonico, con sentori di bosco e tocchi balsamici di eucalipto. Il sapore è diretto e vigoroso, il sorso conferma la maturità con un’ottima acidità rinfrescante nonostante i 34 anni sulle spalle, i tannini sono setosi ed avvolgenti, il finale rotondo e delicatamente saporito.
Giunti all’ultimo sorso, decido di perdermi un po’ tra le vigne, alcuni grappoli sono rimasti attaccati, testimoni della cura e della selezione nella raccolta delle sapienti mani dei vignaioli. Assaggio qualche chicco, ritrovo la solennità e la classe del Nebbiolo delle Alpi, il mio sguardo si posa sui terrazzamenti sinuosi, i miei pensieri ripercorrono le parole, gli assaggi, gli insegnamenti, il lavoro e la passione di chi mi ha fatto scoprire la sua terra. Ma soprattutto, quello che più mi affascina è la meravigliosa sinergia tra uomo e natura che si crea quando valori, storie, famiglie e tradizioni si incontrano.