Massimo Zanichelli - Presentazione del libro “La Montagna” ai soci di AIS Romagna.
di Giulia Tellerini
Venerdì 17 febbraio, nella sede di AIS Romagna a Cesena, si è tenuta la presentazione del libro di Massimo Zanichelli, a cura dell’autore stesso, “I quattro elementi del vino italiano. La Montagna” edito da Bietti.
Chi non conosce Massimo Zanichelli (‘Nomen omen – lett. nel cognome un presagio’, avrebbero detto i latini a proposito della cultura piacevolmente spropositata di quest’uomo), forse non è un appassionato di vino, di cucina, di studio del territorio in termini enogastronomici ‘latu sensu’ e magari nemmeno della macchina da presa, quando si presta alla narrazione delle tematiche suddette. Sì, perché Zanichelli ha un curriculum generoso, poliedrico, blasonato, che potete consultare comodamente da casa anche su Wikipedia. Ma di questo non vi parlerò, perché vi parlerò invece di ciò che mi è arrivato più di ogni altra cosa, al di là del fascino un po’ radical chic e nouvelle vague dell’intellettuale, ovvero il lato outsider della persona, che viene fuori dalla narrazione, che trasuda dal lessico utilizzato, che ha il coraggio di riportare in scena il fantasma del Guicciardini e di rivedere la semantica della viticoltura con la traccia indelebile del sentimento per il classico e per l’esegesi delle fonti. Tutte cose che appartengono alla nostra tradizione letteraria e culturale, ne sono lo zoccolo, ma che nel linguaggio attuale della società liquida, ad uso e consumo del marketing e dell’immediatezza tout court, sono davvero outsider.
Soprattutto, quando alla domanda della platea, di cosa l’autore pensasse dell’aggettivo “minerale” riferito a un vino – lo so, caro lettore, tu che se sei un sommelier, stai drizzando le orecchie – con plauso corale Massimo Zanichelli ha risposto con una ri-emancipazione del termine, consegnando non all’alternanza della moda, ma alla ragione e al buon senso, la riconciliazione con la mineralità. “Se un vino può essere fruttato, per quale motivo non può essere minerale? Se noi la mineralità la sentiamo, perché non pronunciarla?”
Del resto, aggiungeva il buon Giovanni Solaroli: “Arriviamo persino a dire che un vino sia croccante!” Amen, mi verrebbe da aggiungere. Ma resterò laica, come “laico, professionale e oggettivo” si è definito l’autore Massimo Zanichelli nell’affrontare i temi del vino e questa profonda, capillare, emozionante, analitica e a tratti romantica esperienza che racconta nel suo libro “La Montagna”.
Se l’oggettività non è assenza di vibrazione, quanto piuttosto pulizia e neutralità nel farsi testimone di un’esperienza, questo libro diventa una fonte preziosa alla quale attingere. La sua esposizione mi ha ricordato un po’ il Grand Tour dell’’800, quando un giovane Alfieri, per esempio, si inoltrava romanticamente in seno a culture e tradizioni del suo Bel Paese. Ma Zanichelli ci tiene molto: questa non è Guida, non dà punteggi, non dà classifiche; questo libro doveva essere una sintesi mai riuscita, nato poi di 646 pagine, indice compreso e consegnato alla curiosità e ai cuori di tutti noi appassionati.
Come ci ha raccontato l’autore, su impulso di una domanda precisa di Solaroli, mediatore della serata, “Io cittadino urbano, di pianura, apolide perché cittadino del mondo con vena metamorfica e con oggettività, ho avuto l’idea balzana e ambiziosa di pensare a una tetralogia del vino italiano, indagandone i vari territori attraverso i quattro elementi primi che lo compongono: Montagna, Pianura, Mare e Collina. […] Sono partito dalla montagna per amore, forse, dei contrasti. Io che provengo dalla pianura, sono sempre stato innamorato dei vini di montagna. Ripercorro dunque le Alpi Graie, le Dolomiti, passando dalla Valtellina e planando sull’ Etna, A’ Montagna, come dicono gli etnei. […] Attraverso tanti territori, un centinaio di cantine, impiego tre anni e mezzo per completare la mia ricerca, periodo Covid compreso. È un libro narrativo che mette in primo piano il territorio.”
La serata si dipana con un excursus meticoloso e appassionato dei territori e relative caratteristiche, partendo dalla Valle d’Aosta (Morgex, Arvier, Torrette, Donnas), insistendo poi sulla Valtellina (con Maroggia, Sassella, Grumello, Inferno, Valgella e il Tiranese), proseguendo poi con Val di Non Trentina, Valle di Cembra, Valle d’Isarco in Alto Adige, per poi approdare all’Etna, Versanti Nord ed Est.
I paesaggi catturati dalla macchina fotografica di Zanichelli, trattati analogicamente senza filtri o mascheramenti, ci introducono alle morfologie dei territori, nelle loro affinità e congruenze (vedi l’inserto nel libro). Trovano spazio figurativo anche le opere dell’uomo, nelle forme per esempio dei terrazzamenti e dei muretti, incastonandosi fra i racconti personali dell’autore e donando a noi della platea una visione a tutto tondo della narrazione.
Le sette degustazioni finali, fatte alla cieca, ci hanno poi aperto le porte della percezione sensoriale rispetto al viaggio appena compiuto.
Si parte con un Nosiola Igt Vigneti delle Dolomiti, annata straordinaria 2019 – Cesconi, definito “2.0”, degustazione che mi ha fatto sognare. Come ci spiega Zanichelli a pagina 313 del suo libro: “Ha antica e sconosciuta origine, un carattere difficile e ribelle, un aspetto cespuglioso, una buccia sottile ma consistente, un grappolo cilindrico, allungato e compatto, normalmente alato, con acini sferoidali. […] È la Nosiola, varietà autoctona a bacca bianca del Trentino, coltivata in una sparuta enclave di una sessantina di ettari, pari allo 0,55% della produzione regionale. […]” Come non innamorarsene? Della Nosiola intendo.
Si è passati al Sud Tirolo, con Muller Thurgau FeldMarshall – Tiefenbrunner 2020, anche questo incredibilmente piacevole, fatto a 1000 m.
Il terzo vino un Sylvaner della Valle d’ Isarco, non è stato un giro fortunatissimo.
Il quarto calice ci ha portati sull’ Etna, e vi ritroviamo note tipiche del territorio, piccanti, sulfuree, una grande sapidità e persistenza, proprie del Carricante Eruzione 1614 di Planeta, annata 2019.
Siamo tornati al Nord, con un Groppello rosso della Val di Non, Groppello di Revò, Cantina El Zeremia, 2020, con note selvatiche speziatissime e contrastate, un tannino “filigranato” e una sensazione fortemente ematica.
Andiamo poi in Val d’ Aosta, con Donnas – Caves de Donnas 2018, uve Picotendro, con loro note floreali ed eleganti, un bel lato succoso e tannico, una bella acidità.
Il settimo vino ci porta poi nella Valtellina del Grumello, con Gess di Dirupi, 2018, verticale, fruttato di un bel frutto maturo, elegante.
Gli eventi di AIS Romagna assegnano sempre opportunità a chi come mai sta imparando, si barcamena fra 150 milioni di informazioni sempre nuove, spera di arrivare al terzo livello con quanto serve in valigetta per superare l’esame e soprattutto ha molta, tanta, curiosità. Ai prossimi eventi, dunque!