L'Albana a Santa Sofia
– A cura di Caterina Valbonesi, Sommelier AIS Romagna
Alla scoperta dell'Albana dello storico vigneto di Rita e Loris Valbonesi di Santa Sofia.
“Si dice che la Romagna sia terra forte, gentile e accogliente.” E se il Sangiovese rappresenta la forza ‘maschile’, è l’Albana che si identifica con caratteristiche al ‘femminile’, fatta di colore, eleganza e dolcezza, pronta a far festa! Ecco… è il suo momento! La mia vena curiosa (che parla di passato) mi porta, grazie a Teresa e Orfeo, a San Martino. Siamo a 260 metri sul livello del mare, in questa frazione di Santa Sofia (parte della comunità montana) dove Rita e Loris ci accolgono un po’ emozionati e sorpresi per il mio interesse: l’Albana. Come un viaggio a ritroso, mi raccontano dove inizia la “vita delle viti” a casa Valbonesi. Sono gli anni ‘50/’60, gli anni dello spopolamento alla ricerca di un benessere economico. I fratelli Umberto, Carmelo, Loris e Luciano si trasferiscono nel ravennate, zona portuale in larga espansione. Il forte legame con le proprie radici li porta ad acquistare negli anni ‘70 i due appezzamenti, e prendono vita i due vigneti: quello vicino casa è costituito da 888 viti di Sangiovese e 222 viti di Albana; l’altro, poco più in alto, è chiamato ‘la Fossa’, con 1333 viti a Sangiovese.
Iniziano così a produrre e a commercializzare nell’entroterra e nella riviera ravennate il ‘nettare degli dei’ da Santa Sofia. “La vita porta a scelte difficili,” racconta Rita. Ma la passione, del papà Umberto prima e quella dei figli Gianluca e Rita dopo, li ha indotti a conservare questi beni, grazie anche alla comunità montana. Con la consapevolezza acquisita, nell’insegnamento dell’etica ‘Nicomathea’ di Aristotele, Rita continua a perpetrare le 222 viti di Albana e le 1.100 viti di Sangiovese. Il suo motto è rispettare il passato e trasferirlo al futuro.
L’Albana coltivata a San Martino non è contemplata come vino D.O.C., perché ne sancisce il limite il Comune di Civitella. Dopo la passeggiata nel vigneto per vedere le storiche viti di mezzo secolo, Rita e Loris mi mostrano la cantina: è una visita che merita davvero per la cura e la quantità di arnesi da lavoro, che raccontano di fatiche ma anche della geniale capacità di costruire utensili unici.
Nell’aia il sole è sul punto più alto con il suo calore, ma l’accoglienza di Rita e Loris lo rende splendido sulla tavola allestita con calici, Albana, Sangiovese, taralli e un pane profumato appena sfornato. Rita continua il racconto e i fili del tempo tessono il futuro. Alzo il calice ed è il colore dell’ambra che svela una fermentazione a contatto con le bucce, sui propri lieviti. All’olfatto, la conferma: è lei, l’Albana, e al sorso tutta la struttura rupestre mostra la sua forza fino in fondo. È l’Albana dalla vigna più alta di Santa Sofia, e chissà… anche oltre.
Mi ricorda il poemetto scritto dall’Abate Giuseppe Piolanti: “Un elisir di lunga vita, come rimedi di malanni dell’uomo.”
Così è stato in passato e così sarà…