La Cattedrale del Cava
di Cristina Veneri
Partendo da Barcellona con la linea metropolitana R4 dopo un’ora di viaggio si iniziano a intravedere filari di uva e ci si ritrova a Sant Sadurnì d’Anoia, un paesino sperduto nelle colline, una delle zone vinicole più importanti di tutta la Spagna, la terra del cava “la porta aperta alla fuga dello spirito” (Manel Vàzquez Montàlban). Il territorio rientra nella zona Comtats de Barcellona della DO Cava, nella zona vinicola del Penedès, dove il massiccio del Montserrat protegge il territorio dai venti freddi dal Nord.
La storia del Cava è l’affascinante storia di una famiglia, la Famiglia Codornìu Raventòs. Nel 1659 Anna, ultima discendente dei Codernìu sposò Miquel Raventós, famoso produttore di vino della zona, ma fu il figlio, Josep Raventós che, a seguito di un periodo di crisi del mercato vinicolo e dopo un viaggio nello Champagne, produsse nel 1872 il primo espumoso con metodo classico, lo “Champàna Codornìu” con tre varietà autoctone: Macabeo, Xarel-lo e Parellada, il primo per la fragranza e le note fruttate, il secondo per la forza, il corpo e la caratteristica nota erbacea, l’ultimo per l’eleganza. Fu l’inizio di una storia di successo. Manuel Raventós, entrato a succedere al padre, celebrò la famiglia incaricando il grande architetto modernista Puig i Cadafalch di costruire una straordinaria cantina, simbolo dell’alleanza tra la natura e il lavoro umano, che ancora oggi è possibile visitare e che dal 1976 risulta Monumento Storico-Artistico. Ed è proprio la storia di un territorio e l’audacia di questi pionieri che si percepisce appena si entra nella grande sala ad archi, un tempo sala di spedizione e oggi reception. In ogni angolo, in ogni dettaglio l’attenzione per la narrazione e l’orgoglio sono il fil rouge della visita.
Perché Codornìu è la più antica azienda familiare della Spagna e una delle più antiche al mondo, con oltre 450 anni di storia, è l’azienda leader nel settore del cava ed è l’artefice di questo successo, non a caso quando nasce un nuovo membro della famiglia Raventós viene battezzato con un cucchiaino di spumante.
Visitare la cantina Codornìu è come un viaggio nel tempo e nella storia del metodo classico.
Lasciata la sacralità della grande navata della reception si arriva, attraversando il giardino, nel complesso di produzione dove antichi macchinari, cesti e bottiglie accolgono il visitatore per illustrargli gli antichi processi di produzione e condurlo all’ingresso dei sotterranei, un intricato intreccio di gallerie (cava) dove venivano conservate le bottiglie su infinite file di pupitrès. Ogni galleria, come una strada ha un suo nome, per dare modo a chiunque di orientarsi in questo immenso labirinto sotterraneo. Dal 1970 la cantina, per prima in Europa, passò all’utilizzo del giropallet e i vecchi esemplari sono ancora lì a testimonianza.
La saga della Famiglia Codornìu è un esempio raro di attaccamento alla tradizione e al territorio non solo nella loro narrazione ma anche nella strategia economica; i Raventós, infatti, hanno rifiutato l’opzione di quotarsi in borsa e hanno mantenuto l’azienda interna con nuovi azionisti solo tra i membri della loro stessa famiglia. Testimonianza del profondo senso di appartenenza è la cassetta dei benjamines (bottiglie da un quarto di litro), che ogni nuovo nato riceve, e che riporta un’etichetta a forma di vite, dove compare l’albero genealogico, e negli anni che finiscono con zero e cinque, alla cantina Codorníu si tiene anche una grande festa in cui si scatta la foto di famiglia.
Le radici sono la forza di questa azienda tant’è che dal 1983 viene prodotto una versione di Cava con chardonnay, i disciplinari permettono anche vitigni internazionali, dedicato ad Anna de Codornìu, ultima a portare questo cognome, un omaggio alla donna che unì la famiglia Codorníu alla famiglia Raventòs, matriarca amata e celebrata.
Oltre ad essere un riferimento per il mondo del Cava la famiglia ha costruito e acquisito cantine in varie denominazioni di origine spagnola ed è ora presente in DO come Ribera del Duero (Legaris), Rioja (Bodegas Bilbaínas), Priorat (Scala Dei), Costers de Segre (Raimat) e Conca de Barberà (Abadia de Poblet) oltre a possedere aziende vinicole a Huesca (Nuviana), Argentina (Séptima) e California (Artesa). L’azienda, presieduta da Mar Raventós e diretta da Xavier Pagès, è così diventata uno dei cinque principali gruppi vinicoli del Paese.
“L’azienda si evolve. Ma non dimenticheremo mai che la chiave per sopravvivere a 450 anni sta nella passione che proviamo per il vino e per la terra” Mar Raventós.
Organismo dipendente dal Ministero dell’Agricoltura, della Nutrizione e dell’Ambiente. Ne fanno parte: viticoltori, produttori e rappresentanti delle Comunità Autonome della “Regione Cava” e del Ministero. Risale all’anno 1959 quando fu istituito il Regolamento di Commercio dei Vini Spumanti e Frizzanti, in cui compare per la prima volta il termine Cava. Una successiva Ordinanza del Ministero dell’Agricoltura del 23 aprile 1969 detta la disciplina dei vini spumanti e frizzanti, e Cava viene riconosciuta come denominazione per i vini spumanti prodotti con il “sistema classico della rifermentazione in bottiglia e affinamento in “cava”. > Disciplinare.
Dal 2021 sono entrate in vigore nuove norme sulle indicazioni di origine e di maturità con quattro zone con sottozone: Comtats de Barcelona, Valle del Ebro, Almendralejo, Zona di Levante.
Per le categorie ne esistono due principali: Cava de Guarda, la categoria di base, Cava de Guarda Superior, la categoria premium suddivisa in tre gruppi:
- Guarda Superior Reserva: invecchiamento minimo 18 mesi.
- Guarda Superior Gran Reserva: invecchiamento minimo 30 mesi
- Guarda Superior Paraje Calificado: invecchiamento minimo 36 mesi.
Le uve devono provenire da un singolo vigneto classificato e da coltivazione biologica (entro il 2025). Il Sigillo “Elaborador Integral” si applica ai produttori che realizzano l’intero processo di produzione nella propria proprietà.
“Cappone al Cava brut” “Ricette immorali” Manuel Vàzquez Montalbàn
1 cappone di 1 chilo e 1/2
100g di burro
1 cipolla
scalogno
1/2 litro di Cava brut
1 dl di brodo di pollo
panna da cucina
50 g di pancetta (tipo bacon)
pepe
sale
“Si taglia la pancetta a dadini, si sbucciano la cipolla e lo scalogno e si tagliano a rondelle sottili. Pulire, lavare e asciugare il cappone. Condirlo all’interno e all’esterno con sale e pepe. Sciogliere il burro nella casseruola, imbiondire la pancetta e il cappone. Coprire la casseruola, lasciar cuocere il tutto per 10 minuti e aggiungere la cipolla e lo scalogno. Versarvi il Cava e alzare il fuoco portando il tutto a bollore. Si copre allora la casseruola e si abbassa il fuoco al minimo, lasciando cuocere per 1 ora. Si ritira il cappone. Si versa il brodo di pollo nella casseruola e si fa sobbollire affinché assorba il grasso del cappone. Si spegne il fuoco e si aggiunge la panna. Si taglia a pezzi il cappone, lo si sistema su un vassoio e si serve la salsa a parte.”