CINQUE PEZZI FACILI*
Di cosa scriviamo quando scriviamo di vino
di Andrea Biondi
Inizio parafrasando Raymond Carver, un “classico” dei corsi di scrittura creativa, che da Baricco in poi ha fatto sentire “cool” chiunque ne abbia frequentato uno (il sottoscritto due…).
Dopo i quattro incontri sulla comunicazione, organizzati da AIS Romagna per offrire agli associati una “cassetta degli attrezzi” per raccontare in maniera efficace (e non autoreferenziale) le esperienze vissute con l’Associazione, e vederle poi pubblicate su sito e canali social, ho raccolto una Top 5 di mie considerazioni, figlie di pensieri maturate in tanti corsi precedenti:
- Di quello su cui vuoi scrivere non sai quasi nulla, quindi continua a studiare.
- Per scrivere di vino devi sapere, quindi studiare, molto di più, su tanti altri campi dello scibile umano. Oltre al vino, ovviamente.
- I “prof” dei corsi non possono, né vogliono, essere considerati maestri. Se vuoi una ricetta (per scrivere di vino e non solo) non andare da uno chef, o da un medico. Mettiti a studiare.
- Questi corsi sono utili per un ripasso su alcune regole base per scrivere / informare / interessare i potenziali lettori (ma il prof ti chiederebbe: conosci la tua audience?), non a incensare te stesso. Non conosci le regole base? Aggiornati subito. Sai già le regole base? Studia il resto.
- Per scrivere di vino bisogna non solo studiare ed esserne informati a 360°. Bisogna chiudere il libro / spegnere lo schermo e uscire di casa / fare esperienze. Poi scriverne, rileggersi e criticare tutto quello che si è scritto. Forse, a un certo punto, avrai l’umiltà di pubblicare.
Premesso questo, gli appuntamenti organizzati dal Consiglio Direttivo AIS Romagna e dal Delegato alla Comunicazione Giovanni Solaroli sono stati preziosi e stimolanti: per l’approccio informale di ogni incontro, concluso con una degustazione “senza scheda”, e per la diversità dei relatori, che hanno raccontato senza orpelli la loro esperienza nell’universo mondo dell’enogastronomia.
Ognuno di noi, aspirante sommelier scrittore avrà riempito la sua “cassetta” in modo diverso: come non raccogliere la sfida di Giorgio Melandri a riconoscere “La Storia” nel mazzo delle tante che una degustazione o una visita in cantina ci possono offrire? Valutare se ci sia una trama, un’atmosfera e il benedetto Personaggio, dietro quel sentore o quella barrique. E poi trovare il linguaggio adatto a descriverlo. Infine, criticarsi e “limare” l’autoipertrofia di battute.
Come non essere d’accordo con Elsa Mazzolini che ci ha parlato di competenza, studio e ricerca, e di come sia essenziale “coinvolgere” (engagement) chi ci legge? Lei che ha lavorato a fianco di decine di “fuoriclasse” del settore, come Gianfranco Bolognesi, di cui ha pubblicato l’ultimo libro postumo.
All’inizio ci avrà un po’ spiazzato l’approccio economico e da data analyst di Lorenzo Frassoldati, penna storica dell’agroalimentare per il Resto del Carlino. Ma a ben vedere, chi fa vino è anche e soprattutto un imprenditore. Appassionato, certamente. Ma tutto è economia, bellezza…
E che dire del bagno di umiltà social su cui ci ha invitato a riflettere Andrea Gori, che dal suo “Da Burde” di Firenze è diventato – fra le altre cose – un wine influencer quando Chiara Ferragni chiedeva ancora per favore per un autoscatto (la parola selfie non era in Zanichelli) con l’ultima pochette Gucci?
Le poche righe rimaste mi fanno pensare che la chiosa di questo articolo, puramente autoreferenziale, non possa che essere questa citazione musicale (anche se usare titoli di libri e canzoni per i corsi di scrittura è fuori moda dal ’95): “It’s a long way to the top, if you wanna rock ‘n roll” (AC/DC).
*Five Easy Pieces film del 1970 di Bob Rafelson